Riccardo Roberto l’uomo che diede gli otto giorni al Re
di Fabio Bailo
formato: mm. 150×210
pagine: 282
Descrizione
Sulla figura dell’avvocato albese Riccardo Roberto, l’uomo che diede agli otto giornix al re, nei decenni si è allungato il cono d’ombra di un immeritato silenzio. Dopo la morte, che lo colse nel 1958, nessuno o quasi ne parlò più. Fu vittima di una sorta di repentina damnatio memoriae. Una maledizione, quella di essere dimenticati, che ha colpito molti uomini della sua generazione, vittime di una singolare pestilenza, silenziosa e catastrofica, che permea di sé la contemporaneità: il disgregarsi della memoria individuale e collettiva.
Ènoto, per dirla con Cesare Pavese de La luna e i falò, che «affinché la carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione», è necessario incaricarsi di curare la memoria di quella «carne», cioè di quella vita. È ciò che questo saggio tenta di fare ricostruendo l’intensa vita di Riccardo Roberto, personaggio del quale finora si avevano poche e lacunose informazioni, incerti lacerti di un percorso biografico che qui viene minuziosamente ricostruito.
Si sapeva che a inizio Novecento Roberto, definito «l’Achille del socialismo albese», era stato un infaticabile pioniere della sinistra nel Cuneese. Impegno che, terminata la prima guerra mondiale, lo aveva portato a essere eletto alla Camera dei Deputati, «tribuno scamiciato», prima nelle fila socialiste, poi in quelle del neonato Partito comunista che aveva contribuito a creare. Ancora, si sapeva che era stato un indomito antifascista e che, nel secondo dopoguerra, finito il Ventennio, nonostante l’età, era tornato alla militanza politica attiva. Si sapeva questo e poco altro. Indubbiamente troppo poco per un uomo che, alla Camera nel 1920, aveva avuto l’ardire di intimare «gli otto giorni» al re e, nel 1922 a Mosca, non aveva esitato a scontrarsi frontalmente con Trockij. Si sapeva inoltre che Roberto era persona di eclettica formazione e di singolari convincimenti: marxista convinto e al contempo difensore della piccola proprietà contadina, anticlericale ma anche, a suo modo, uomo di fede.
Dunque, il personaggio si presentava fascinoso e degno di essere indagato in profondità, cosa che Fabio Bailo ha fatto con questo saggio che, lungi dall’essere una semplice biografia, è in realtà un ampio, appassionato «ritratto di famiglia». Una famiglia singolare, certo, la famiglia della eterogenea sinistra albese, langhetta e roerina seguita dai suoi primi vagiti a fine Ottocento fino agli anni Sessanta del Novecento. Il pater familias, il patriarca indiscusso al centro della foto rimane Riccardo Roberto. Accanto a lui, però, per la prima volta i riflettori si accendono su coloro, spesso dimenticati, che furono, se non protagonisti, almeno degni comprimari di quella grande avventura umana e sociale spesa per la «redenzione degli ultimi».